Pesce grasso

pesce avente dei grassi nei tessuti e nelle cavità intorno al tratto gastrointestinale

I pesci grassi, o pesci oleosi, sono pesci nei cui tessuti e cavità del tratto gastrointestinale è concentrata una quantità significativa di lipidi. Il loro filetto può contenere fino al 30% di grasso, anche se la quantità effettiva può variare sia tra specie diverse che tra individui della stessa specie. In questa categoria rientrano sia piccole specie di pesce foraggio, come sardine, aringhe e alici, che grandi predatori come salmoni, trote, tonni, pesce spada, sgombri e palamite.[1][2]

Grandi pesci del dominio pelagico, come questo tonno a pinna blu, sono pesci grassi
Gran parte del piccolo pesce foraggio, come questo banco di alici, è anch'esso pesce grasso

Da un punto di vista nutrizionale, il pesce grasso viene considerato propriamente tale se contiene più del 9% di lipidi. In questa definizione non rientrerebbero molti dei pesci sopracitati, che invece vengono considerati semigrassi (3-9% di lipidi).[3][4]

Filetto di un pesce grasso (salmone - sotto) a confronto con uno di pesce bianco (halibut – sopra)

Effetti sulla salute

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Prevenzione della demenza

Un noto articolo del 1997 pubblicato sulla rivista Annals of Neurology ebbe come caso di studio un gruppo di 5 386 partecipanti anziani della città di Rotterdam. Questo studio trovò una forte correlazione tra il consumo di pesce e il calo del rischio di demenza.[5] Tuttavia, il follow-up durò mediamente 2,1 anni, contro il periodo minimo di 3 anni dopo i quali un caso di demenza può essere escluso con certezza. Inoltre, lo studio non chiarì se fosse o meno proprio la malattia a far sì che i partecipanti con demenza mangiassero meno pesce.[6]

Una ricerca francese pubblicata nel 2002 sul British Medical Journal (BMJ) seguì 1 674 anziani residenti nel sud della Francia per sette anni, esaminando il loro consumo di carne (ricca di grassi saturi) contro quello di prodotti ittici (ricchi di grassi polinsaturi) e cercando eventuali correlazioni con sintomi della demenza. Fra le conclusioni dell'articolo, risultò che le persone che avevano mangiato pesce almeno una volta a settimana ebbero un rischio significativamente minore di contrarre demenza nel suddetto periodo di sette anni. Questo studio rafforzò la tesi del precedente, fornendo prove più forti di un effetto protettivo.[6] Un possibile fattore confondente in quest'ultima ricerca è il fatto che alle persone con un più alto livello di istruzione risultò essere associato sia un rischio inferiore di demenza che un più alto consumo di pesce.[7]

Altre qualità nutrizionali

La carne dei pesci oleosi — in particolare la sottocategoria dei pesci azzurri grassi[4] — è generalmente ricca di acidi grassi essenziali della serie omega-3 EPA e DHA.[2] Tale contenuto è particolarmente accentutato nei pesci selvatici che vivono in acque fredde e salate.[2]

Per questo motivo, consumarne circa 200-400 g a settimana può avere effetti benefici sul sistema cardiovascolare. Nello specifico, prevenendo l'aritmia cardiaca, può aiutare a ridurre il rischio di infarto miocardico acuto.[8] Essendo, tuttavia, un alimento molto calorico, ne è sconsigliato un consumo elevato alle persone in sovrappeso.[4]

Questa carne è inoltre ricca di vitamina A, D ed E, assieme ad alcune vitamine del gruppo B (soprattutto B1, B2 e B12),[2] a differenza del pesce magro, dove la vitamina D è contenuta principalmente nel fegato.[4]

Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni