Memoria dell'acqua

Presunta capacità dell'acqua di mantenere una sorta di "ricordo" delle sostanze con cui è entrata in contatto.
Le pratiche descritte non sono accettate dalla medicina, non sono state sottoposte a verifiche sperimentali condotte con metodo scientifico o non le hanno superate. Potrebbero pertanto essere inefficaci o dannose per la salute. Le informazioni hanno solo fine illustrativo. Wikipedia non dà consigli medici: leggi le avvertenze.

La memoria dell'acqua sarebbe la presunta proprietà dell'acqua di mantenere un "ricordo" delle sostanze con cui è venuta in contatto. Alcuni affermerebbero che, per produrre tale effetto, l'acqua debba essere agitata ("succussa") a ogni diluizione di nuova sostanza con cui entra in contatto.[1]

Non esiste alcuna prova scientifica che supporti l'esistenza del presunto fenomeno.[2] Sebbene siano stati pubblicati studi che sembrano comprovare il fenomeno, in realtà tali studi non hanno superato la prova del doppio cieco: essi mancano quindi della ripetibilità necessaria per dare attendibilità ai risultati vantati.[3]

Storia

Il concetto di memoria dell'acqua fu proposto per la prima volta da Jacques Benveniste, (1988)[4] ipotizzando un meccanismo che spiegasse il presunto funzionamento dei rimedi omeopatici, la cui efficacia è, a loro volta, indimostrata.Tali rimedi, chimicamente composti di acqua e zucchero, vengono preparati miscelando più volte il principio attivo in acqua a diluizioni così spinte da perdere ogni presenza di molecole del principio attivo originario con cui vengono messi a contatto.Le ricerche di Benveniste risultarono false e manipolate: la rivista scientifica Nature illustrò la scoperta del falso pubblicando una relazione[5], smentendo i risultati del medico francese.Nessuno studio successivo condotto in doppio cieco produsse risultati apprezzabili.

Il concetto di memoria dell'acqua è quindi pseudoscientifico e privo di fondamento.[6][7] Anche da un punto di vista chimico-fisico l'acqua non mantiene alcuna relazione con altre molecole se non per qualche decina di femtosecondi.[8]

Nel 2011 una sezione della rivista scientifica Journal of Physics (la Conference Series, che gode di una blanda peer review[9]) ha pubblicato uno studio di Luc Montagnier et al., intitolato DNA waves and water,[10] nel quale è illustrato come soluzioni acquose altamente diluite di sequenze di DNA del virus HIV, di altri virus e di batteri produrrebbero segnali elettromagnetici di bassa frequenza caratteristici del DNA in soluzione. Secondo i sostenitori dell'omeopatia, tale studio, pur non essendo finalizzato a ricerche sull'omeopatia, avrebbe potuto aprire nuove prospettive di approfondimento sul tema.[11][12] In seguito il lavoro è stato additato internazionalmente come privo di validità scientifica, poiché carente relativamente al protocollo sperimentale, alle apparecchiature usate, e perfino per l'incoerenza delle sue stesse basi teoriche.[13][14][15][16][17]

Note

Voci correlate

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