Azienda ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo

Azienda ospedaliera di Alessandria

L'Azienda Ospedaliero-Universitaria Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, o Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria, è la principale struttura ospedaliera della città di Alessandria. Dal 1993 è azienda ospedaliera di rilievo nazionale e di alta specializzazione[2] e dal 2023 è policlinico universitario[3]. L'ente ospita gli studenti di medicina, infermieristica e fisioterapia dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro[4][5]. Nella classifica sui migliori ospedali stilata nel 2013 dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali il polo alessandrino occupa il terzo posto, dopo il San Raffaele di Milano e gli Spedali Civili di Brescia[6].

Azienda ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàAlessandria
Fondazione1567
Posti letto695 (di cui 90 di Day hospital)
Num. impiegati2317 (2016)[1]
PatronoAntonio abate
Biagio di Sebaste
Dir. generaleValter Alpe
Dir. sanitarioLuciano Bernini
Dir. amministrativoMassimo Corona
Sito webwww.ospedale.al.it
Mappa di localizzazione
Map

Il logo dell'Azienda ospedaliera è una stella a sei punte, chiaro riferimento alla cittadella di Alessandria.

Storia

Contesto

Alessandria viene fondata secondo la tradizione il 3 maggio 1168, ma solo dieci anni più tardi, nel 1178, grazie all'edificazione della cattedrale e delle fortificazioni, ottenne veramente il titolo di città. Prima di quel momento, era un insieme di abitazioni con tetti di paglia, lambite da strade dove l'acqua piovana e gli scarichi scorrevano liberamente, dirigendosi verso il Tanaro. Dalla fine del XII secolo e per circa cento anni, Alessandria fu teatro di cruenti conflitti tra guelfi e ghibellini che culminò con la sottomissione al Ducato di Milano nel 1316. Nonostante facesse parte di un potente ducato, , e tale rimase fino al Trattato di Utrecht quando passò sotto il regno di Sardegna dei Savoia, Alessandria non godette delle stesse prosperità economiche e culturali di Pavia, ad esempio, dove i Visconti possedevano un castello e istituirono una delle prime accademie italiane. La città fu considerata strategica per le difese del Ducato, perciò venne fortificata. Tuttavia, non ricevette lo stesso tipo di investimento in infrastrutture come un grande ospedale. Generalmente, gli ospedali locali portavano il nome delle chiese a cui erano legati. Tali edifici erano piccoli, composta da poche stanze e capaci di accogliere solo un numero esiguo di pazienti. Offrivano più servizi di assistenza che cure mediche perché pochi erano i medici disponibili. Molti cittadini erano scettici verso l'idea di essere ricoverati in queste strutture e preferivano affidarsi alle cure tradizionali. Solo chi aveva la possibilità economica poteva permettersi una visita medica privata a casa, evitando luoghi spesso oscuri e mal mantenuti. In Alessandria, undici di questi ospedali collegati alle chiese sono menzionati nelle cronache storiche.

I primi ospedali

Il più antico era l'ospedale di Sant’Antonio, situato a Bergoglio, fondato nel 1295 grazie al patrimonio di Giovannino Guasco dei Signori di Alice (*? †1295)[7]. Dopo la sua edificazione, passò sotto la tutela dei canonici di Sant’Antonio, esperti nell'assistenza ai malati affetti dal "fuoco sacro" o "fuoco di Sant’Antonio". Nel 1626, sia la chiesa che l'ospedale furono annessi alla chiesa di San Marco, l'attuale Duomo di Alessandria.

Non si dispongono invece dettagli sulla data di fondazione dell’ospedale di San Giovanni a Bergoglio, noto anche come "ospitale de porta Alexii" poiché situato vicino all'ingresso principale sulla via per Asti.

Analogamente, non si hanno dati certi sull'ospedale di San Cristoforo, sempre a Bergoglio, anche se sembra che esistesse già prima del 1350, viene citato in un elenco delle chiese di quell’anno. Nel 1566, papa Pio V destinò i beni di questa chiesa e dell'ospedale all'istituzione di Sant’Antonio a Rovereto per sostenere le sue finanze. Si ritiene fosse dedicato solo alle donne.

L’ospedale di San Giacomo di Altopascio a Marengo fu inaugurato nel 1355, seguendo un atto di fondazione del 1350 proveniente dalla località toscana, grazie a Guglielmo Gamberini, aristocratico alessandrino con stretti legami familiari a Lucca. Per molti anni, la famiglia Gamberini designò il rettore dell'ospedale, spesso scegliendo tra i suoi membri. Era situato nel distretto di Marengo, prospiciente il corso Lamarmora e si estendeva su via Ghilini. Dopo la scomparsa del ramo alessandrino dei Gamberini nel 1777, l'ospedale fu trasformato in un "ospedale per pazzerelli", visto che nel frattempo era sorto l'"Ospedal Grande dei Santi Antonio e Biagio".

Nel medesimo rione, lungo l'attuale via Parma, era ubicato l'ospedale di San Bartolomeo, fondato nel 1389 da Fiorino Merlani. Tuttavia, probabilmente a causa di una gestione inadeguata, la capacità dell'ospedale scese da quattordici a otto posti letto, come risulta dai rapporti delle visite pastorali del 1698 e del 1709. Fu chiuso definitivamente nel 1773 per decreto reale.

L'ospedale di San Giacomo fu trasferito da Asti ad Alessandria nel 1575 in seguito alla cessione della città da parte del re di Spagna Filippo II al Ducato di Savoia. Era posizionato nel quartiere Gamondio, nelle vicinanze del convento degli Umiliati, verosimilmente in via Trotti. Si trattava di un ospedale militare, in seguito traslato nel 1792 in Cittadella.

L'ospedale di San Cristoforo, forse ubicato vicino a piazza Marconi, ebbe nel 1408 una donazione dei suoi beni dal vescovo di Alessandria Bertolino Beccari ai frati agostiniani della chiesa di San Giacomo della Vittoria, che ne assunsero il controllo nel 1428 con l'approvazione papale.

L’ospedale Santissima Trinità, anche conosciuto come ospedale dei Santi Giacomo e Filippo degli Spandonari, fu inizialmente destinato ai pellegrini di passaggio. Nel Seicento, grazie a un lascito del sacerdote Michele Antonio Milhauser, conobbe giorni migliori.

L’ospedale di San Biagio, tra via Verona e Via Milano, è citato in un documento del 1353.

Infine, l’ospedale di Sant’Antonio, con il documento più antico datato 1524, si trovava in via Treviso e rappresentava la sezione più veneranda dello Spedal Grande dei Santi Antonio e Biagio.

Strutture

L'ingresso dell'ospedale civile

L'Azienda ospedaliera, oggi, gestisce i seguenti presidi sanitari[8]:

  • Presidio Civile "Santi Antonio e Biagio".
L'ospedale civile di Alessandria nacque nel 1567 dalla fusione di due ospedali preesistenti: l'ospedale di Sant'Antonio (situato presso il quartiere Gamondio) e l' ospedale di San Biagio (situato presso il quartiere di Rovereto). Il nuovo ospedale, voluto fortemente da papa Pio V, prese il nome di Spedal grande ed ebbe sede nel vecchio ospedale di Sant'Antonio. Nel 1782 iniziò la costruzione della nuova sede dell'ospedale, che venne inaugurata nel 1790[9]. Del progetto originale, opera di Giuseppe Caselli, Leopoldo Valizone e Alessandro Antonelli, sopravvivono oggi la facciata neoclassica di Via Venezia, la chiesa e i portici[10]. Nel Novecento l'ospedale venne ampliato con la costruzione di nuovi volumi. L'ospedale è centro di eccellenza per la ricerca oncologica: nei suoi locali si trova infatti l'AlessandriaBiobank, biobanca dedicata alla conservazione di campioni istologici prelevati (in oltre trent'anni di attività) da soggetti malati di mesotelioma[11]. Dal 2022 la biobanca alessandrina fa parte della rete Orphanet[12].
  • Presidio Infantile "Cesare Arrigo".
L'ospedale infantile fu fondato il 18 aprile 1886 e aperto al pubblico il 15 giugno 1890. La struttura pediatrica fu voluta fortemente da Cesare Arrigo, già primario del reparto di chirurgia dell'Ospedale Civile di Alessandria, il quale divenne primo direttore sanitario della nuova struttura pediatrica. Nel 1902, Cesare Arrigo morì e lasciò in eredità un'ingente cifra all'ospedale infantile, che da quel momento assumerà il suo nome[13]. L'ospedaletto rappresenta la seconda struttura pediatrica del Piemonte dopo l'ospedale infantile Regina Margherita di Torino ed è una delle 13 strutture dell'Associazione Ospedali Pediatrici Italiani (AOPI)[14]. Dal 2019, all'interno della struttura si trova anche il Centro per la Patologia Digestiva Pediatrica "Umberto Bosio", centro all'avanguardia nella ricerca e nella cura delle patologie gastrointestinali infantili[15].
All'interno della struttura si trova una Family Room della Fondazione per l'infanzia Ronald McDonald[16]: la struttura è adibita all'accoglienza delle famiglie dei piccoli pazienti.
  • Presidio Riabilitativo "Teresio Borsalino".
Il Centro riabilitativo polifunzionale Teresio Borsalino, precedentemente noto come sanatorio antitubercolare Vittorio Emanuele III, fu costruito negli anni '30 grazie a una donazione di Teresio Borsalino. Inaugurato nel 1936 alla presenza di Vittorio Emanuele III, fu danneggiato gravemente dall'alluvione del Tanaro del 1994, in seguito ristrutturato è utilizzato come centro per la cura delle malattie pneumologiche e la loro riabilitazione[17].
  • Poliambulatorio “Ignazio Gardella”.
Precedentemente noto come Dispensario antitubercolare
  • Uffici Amministrativi “Santa Caterina”.
  • Centrale Operativa Emergenza 118 e Base Elisoccorso.

Dipartimenti

La struttura è organizzata nei seguenti dipartimenti ad attività integrata[18]:

  • Dipartimento internistico strutturale
  • Dipartimento chirurgico strutturale
  • Dipartimento dei servizi ospedalieri strutturale
  • Dipartimento anestesia, rianimazione e blocchi operatori strutturale
  • Dipartimento pediatrico-ostetrico strutturale
  • Dipartimento di riabilitazione strutturale
  • Dipartimento DEA funzionale
  • Dipartimenti interaziendali
  • Dipartimento attività ricerca e innovazione (dal 2020[19])

Ricerca e collaborazioni scientifiche

L'ospedale dal 2022 è parte delle Reti di Riferimento Europeo (ERN) per lo studio e il trattamento delle malattie rare. Nel dettaglio, l'azienda ospedaliera fa parte di due reti[20]: la rete di riferimento europea per le anomalie congenite ed ereditarie degli apparati digerente e gastrointestinale (in particolare la malattia di Hirschsprung) e la rete di riferimento europea sui tumori solidi dell’adulto (in particolare il mesotelioma).

L'ospedale collabora con numerose realtà italiane ed estere, tra cui[21]:

Patrimonio artistico

L'Azienda ospedaliera è parte dell'Associazione Culturale Ospedali Storici Italiani (ACOSI), circuito cui appartengono gli ospedali detentori di importanti patrimoni storici[28].

Dal punto di vista artistico, l'ospedale possiede un patrimonio composto da una biblioteca storica di oltre 1700 volumi, dei quali circa 400 precedenti al 1830, vasi di farmacia[29], ritratti di benefattori ed edifici progettati degli architetti Arnaldo e Ignazio Gardella[30]. L'alto numero di strutture dei Gardella ha reso possibile anche la costituzione di veri e propri "percorsi gardelliani".

Chiesa dell'ex sanatorio antitubercolare

La facciata della chiesa di Gardella

All'interno del parco del Centro riabilitativo polifunzionale Teresio Borsalino si trova una chiesa razionalista, costruita negli anni Venti su progetto di Arnaldo, Ignazio Gardella e Luigi Martini. La chiesa, oggi abbandonata e inagibile, presenta una pianta parabolica; la navata centrale è divisa da un muro in due metà perfettamente simmetriche, una dedicata agli uomini e l'altra alle donne. Questa peculiarità è dovuta al fatto che, nei primi anni del Novecento, si pensava che le cure per la tubercolosi accendessero il desiderio sessuale, motivo per cui uomini e donne non potevano incrociarsi all'interno della chiesa. Ciononostante, l’altare è perfettamente visibile da entrambe le navate[31]. Al censimento del FAI - Fondo per l'Ambiente italiano I Luoghi del Cuore 2020 ottiene, con oltre 30.000 voti, il primo posto nella categoria "Luoghi della Salute" e il quinto nella classifica generale[32].

Museo dell'Ospedale Psichiatrico

Di proprietà dell'ASL, dove è anche collocato, il museo è stato inaugurato nel 2015 e si compone di tre sale espositive[33]:

  • nella prima si trovano utensili e oggetti privati degli internati, oltre che strumenti (come macchinette portatili per elettroshock o camicie di forza) utilizzati dal personale medico per il trattamento delle malattie mentali;
  • nelle altre due stanze trova spazio il Museo Craniologico, contenente circa 200 teschi. L'allestimento della struttura museale risale al 1912[34].

I reperti conservati provengono dall'Ospedale San Giacomo, ex manicomio alessandrino operativo dal 1778 al 1978[35].

Trasporti

L'ospedale civile, l'ospedaletto e il poliambulatorio Gardella sono collegati alla stazione di Alessandria dagli autobus della linea urbana 2 di AMAG mobilità[36]. Il centro Borsalino è invece raggiungibile dalla stazione ferroviaria attraverso le linee Alessandria-Valenza 1 e 2[37].

Note

Bibliografia

Codici, archivistica

Storica, annalistica

Risorse in rete

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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