Arash Sadeghi

Arash Sadeghi (29 settembre 1986) è un attivista iraniano per i diritti umani[1]. È stato espulso dall'università Allameh Tabataba'i di Teheran, dove studiava, a causa del suo coinvolgimento nel movimento studentesco iraniano.

Biografia

Fu arrestato per la prima volta il 9 luglio 2009 in occasione delle proteste contro i risultati delle elezioni presidenziali in Iran del 2009.[1] Venne imprigionato dalla Polizia Segreta Iraniana e poi trasferito al Dipartimento 209 del Carcere di Evin. Venne torturato e poi liberato su cauzione.[1]

Nel dicembre dello stesso anno fu arrestato di nuovo a casa sua e fu portato un'altra volta al dipartimento 209 e fu liberato il 14 marzo del 2010 su cauzione. Gli ufficiali entrarono in casa sua con una violenza tale da causare l'infarto cardiaco a sua madre che poi morì dopo quattro giorni.[2][3]

Il 5 maggio 2014 fu arrestato dalla polizia segreta iraniana[4] e dopo sei mesi fu rilasciato in attesa di processo, con il pagamento di una cauzione da 6 miliardi di Riyal. Accusato di aver organizzato le proteste, aver agito contro la sicurezza nazionale, insultato il capo del paese e aver organizzato gruppi illegali, venne condannato a 19 anni di carcere.[5][6][7]

Arash Sadeghi cominciò lo sciopero di fame dal 22 ottobre 2016 contro la detenzione di sua moglie, accusata di aver scritto un racconto sul tema della lapidazione delle donne.[8] Tra il 29 e 30 dicembre, dopo 68 giorni di sciopero della fame, gli utenti di Twitter promossero l'hashtag #SaveArash al primo trend del mondo con più di 370 000 tweet.[9]

Malattia

Nel 2018, durante la detenzione, gli è stato diagnosticato un cancro alle ossa dopo mesi di dolori alle spalle e al gomito.[10] È stato operato per un tumore alla mano.[11] Le autorità iraniane gli hanno a lungo negato le cure ospedaliere prescritte dai medici.[12]

Solidarietà internazionale e liberazione

Il Parlamento europeo il 14 marzo 2019 ha approvato una risoluzione in cui rileva che Arash Sadeghi è stato condannato per le sue campagne a favore dei diritti delle donne, dei diritti umani e dell'abolizione della pena di morte, ed esorta le autorità iraniane a garantire ai detenuti l'accesso alle cure mediche e chiede il rilascio dei difensori dei diritti umani.[13]

È stato rilasciato il 1º maggio 2021, per effetto di una legge iraniana ratificata nel maggio 2020, che riduce le pene ai prigionieri politici.[1] La liberazione è stata accolta positivamente dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha definito arbitraria la sua detenzione ed ha riconosciuto che Sadeghi anche durante la prigionia si è adoperato per scrivere lettere a supporto degli altri attivisti detenuti ed ha scritto petizioni per il miglioramento delle condizioni carcerarie.[14]

Note

Voci correlate

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