Amata (mitologia)

figura mitologica

Secondo l'Eneide,[1] Amata era moglie del re Latino e madre di Lavinia, futura sposa di Enea.

Virgilio racconta che, spinta dalla furia Aletto, a sua volta inviata da Giunone (acerrima nemica dei Troiani), Amata cercò in tutti i modi di opporsi alla decisione del marito Latino di dare in sposa ad Enea la figlia Lavinia, peraltro già promessa a Turno, re dei Rutuli. Per impedire le nozze tra Lavinia ed Enea, Amata nascose la figlia nei boschi. Quando poi il conflitto tra Rutuli e Troiani volse a favore di questi ultimi, Amata, sentendosi responsabile dell'accaduto, si uccise impiccandosi:

Amata e il marito Latino in un'incisione antica
(LA)

«Accidit haec fessis etiam fortuna Latinis,quae totam luctu concussit funditus urbem.regina ut tectis uenientem prospicit hostem,incessi muros, ignis ad tecta uolare,nusquam acies contra Rutulas, nulla agmina Turni,infelix pugnae iuuenem in certamine creditexstinctum et subito mentem turbata dolorese causam clamat crimenque caputque malorum,multaque per maestum demens effata furorempurpureos moritura manu discindit amictuset nodum informis leti trabe nectit ab alta.»

(IT)

«In questo tempo un infortunio orrendo,Timor, confusïone e duolo accrebbeAgli afflitti Latini, e pose in piantoIl popol tutto: e fu che la reina,Visto da lunge incontro a la cittadeVenire i Teucri, e già le faci e l’armiVolar per entro, e piú nulla sentendoO vedendo de’ Rutuli o di Turno.Onde aita o speranza le venisse,Si credè la meschina che già l’osteFosse sconfitto, e ’l genero caduto,Ogni cosa in ruina. E presa e vintaDa súbito dolore, alto gridando:Ah! ch’io la colpa, disse, io la cagione,Io l’origine son di tanto male.E dopo molto affliggersi e dolersi,Già furïosa e di morir dispostaIl petto aprissi, e la purpurea vesteSi squarciò, si percosse, e de l’infameNodo il collo s’avvinse, e strangolossi.»

Secondo un'altra versione del mitico scontro tra Latini e Rutuli, Amata sarebbe stata invece cugina di Turno, un disertore latino, posto a capo dell'esercito dei Rutuli.[2]

La regina Amata è citata anche nel canto XVII del Purgatorio dantesco:

«E come questa imagine rompeo

sé per sé stessa, a guisa d’una bulla

cui manca l’acqua sotto qual si feo,

surse in mia visïone una fanciulla

piangendo forte, e dicea: "O regina,

perché per ira hai voluto esser nulla?

Ancisa t’ hai per non perder Lavina;

or m’ hai perduta!»

Note

Bibliografia